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La mia visione romantica della consulenza

Come probabilmente è già emerso in qualcuno dei miei altri post, ho una visione direi cavalleresca della consulenza. Almeno per quanto riguarda la consulenza che vivo ogni giorno, quella nel settore dell’Information Technology.

Un po’ come un cavaliere dei tempi andati, sento che esiste un insieme di principi forti a cui è importante attenersi per essere degnamente nel campo dei professionisti. Chiamiamola etica professionale, o deontologia, io mi tengo la mia coscienza e cerco di coltivarla ogni giorno.

In questo mio mondo di draghi e fate, la consulenza è un servizio offerto da un professionista, e il suo costo è la remunerazione per il suo lavoro.

Il valore percepito e la soddisfazione del cliente sono cio’ che guida il consulente, che fa sempre del suo meglio per dare al cliente cio’ che si aspetta.

Entrambi sanno sempre che c’è del denaro in ballo. Il consulente con questo si ricorda sempre che ciò che fa è un lavoro, non volontariato, e per questo ha dei doveri e non sempre gli capita la fortuna di far cose che gli piacciono. Allo stesso tempo, il cliente si ricorda sempre che ha davanti a sè un professionista, non un volontario o peggio un servo.

Fortissimo valore ha il rispetto. Il cliente rispetta il consulente e le sue competenze. Il consulente non è visto come un capro su cui riversare eventuali colpe, non viene usato per difendere o supportare posizioni, non viene preso come l’esecutore dei lavori sporchi.

Ma soprattutto il consulente rispetta il cliente. Il cliente non è mai una vacca da mungere, nè l’ignorante da gabbare con superiorità.

Il consulente non finge mai di avere una soluzione a tutto, nè di avere competenze su tutto. Analogamente, il cliente non si aspetta la soluzione a tutto, nè di avere a che fare con un onnisciente. Entrambi sanno sempre però che il consulente fa ogni giorno del suo meglio per risolvere il problema del cliente, qualunque esso sia, anche quando in partenza non ha la minima idea di come farlo. Così il consulente non ha problemi a dichiarare che per risolvere il suo problema, il cliente dovrebbe rivolgersi a un altro, e il cliente apprezza questo gesto come un prezioso suggerimento da parte di un collaboratore che non lo sta fregando.

Il cliente non ha problemi nemmeno a dire che si sta rivolgendo a un altro, instaurando un meccanismo sano di concorrenza leale, in cui il cliente segue il suo giusto interesse assegnando il lavoro al collaboratore più adatto.

Il sunto della visione può essere che cliente e consulente sono dei collaboratori paritari e il loro rapporto è fondato sul reciproco rispetto dei ruoli, delle competenze e delle esigenze.

15 luglio 2008 at 6:45 am 3 commenti


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