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La consulenza e la tinteggiatura

Nell’ultimo periodo ho imbiancato casa. Non essendo un professionista imbianchino, e soprattutto essendo la prima volta che lo facevo, ho distribuito nel tempo (nei vari ponti primaverili) le varie stanze della casa.

Essendo la prima volta, ho iniziato con una visita al più vicino castorama per capire i prodotti, gli attrezzi, le possibilità. E mi sono trovato spiazzato dalla varietà di prodotti. Tutti sembrano l’ottimo per la mia stanza. Peggio ancora, per quelle stanze in cui la moglie ha chiesto il colore, decine di materiali diversi con promesse di mirabolanti effetti con una passata di rullo/spugna/straccio/spatola.

Come profetizzo con i giovani in cui incappo su lavoro, in questi casi si cerca un esperto. Mi rivolgo a mio padre e a mio suocero, esperti per pratica piuttosto che per professione. La risposta che ottengo è “dipende”. Per prima cosa bisogna capire che tipo di muro è, poi che tipo di pittura è stata data l’ultima volta, poi che tipo di risultato voglio ottenere. Poi bagno e cucina sono diversi dalle altre stanze, ma anche tra le altre stanze ci possono essere differenze. Ho ottenuto un aumento mostruoso della complessità, senza risolvere il mio problema.

Io ho un muro normale (come si capisce che muro è?), non so cosa è stato dato l’ultima volta perchè non l’ho fatto io e non ero ancora entrato in casa, voglio un risultato normale (un muro pitturato, bianco da qualche parte, colorato da altre), mi sembra ragionevole di non volere che crescano muffe o piante nel bagno (c’è qualcuno che invece le cerca, che non sia un botanico malato?). C’è bisogno proprio di chiamare la scientifica per comprare una tolla di vernice?

Ho risolto comprando un libriccino da due soldi, qualcosa tipo “il manuale dell’imbianchino”, in cui in una decina di pagine mi viene data la lista della spesa per gli attrezzi e i passi (pochi e ben definiti) da fare per imbiancare una stanza, dalla preparazione all’asciugatura. Poi nei capitoli successivi, si addentra invece nei casi particolari: hai un muro ammuffito? hai delle crepe? vuoi la cappella sistina?

Ecco, provo a declinarlo nel mondo della consulenza. Troppo spesso da consulenti diamo la risposta “dipende” quando un cliente ci chiede una indicazione su una soluzione, una tecnologia, un prodotto. “dipende” è sicuramente la risposta più corretta, perchè è vero che dipende, ma non serve assolutamente a nulla al cliente. La risposta più utile sarebbe un qualcosa tipo “nel 70% dei casi funziona bene così”. Questo porta ovviamente il rischio che il cliente ci ringrazi e non ci dia altri soldi. In fin dei conti aumentare la complessità di un problema dà lavoro, perchè bisogna fare la valutazione del contesto di partenza, bisogna capire i reali bisogni, bisogna definire un modello obiettivo e poi definire la strada per raggiungerlo. Tanto lavoro. Soldi non spesi male sicuramente, perchè è l’approccio migliore per capire di cosa si ha bisogno. Ma in quel preciso momento in cui il cliente chiede una opinione, il “dipende” lascia tutto in sospeso e non serve a nessuno.

E’ corretto (anche per le tasche del consulente 😉 che si avverta poi il cliente di cosa significherebbe prendere per buona alla cieca la risposta standard. E’ vero che funziona nel 70% dei casi, ma se questo caso non fosse standard, che danni farebbe adottare la soluzione standard? Si potrebbe scoprire che non ci si smena poi tanto, ma si potrebbe anche scoprire che il rischio non vale correrlo e allora procedere con una analisi attenta.

Da qui emerge una indicazione per un approccio che consentirebbe di risparmiare soprattutto tempo. Il primo passo per provare a risolvere un problema è prendere una soluzione standard e capire se funziona e che rischio corro ad adottarla. Se mi va bene, in pochissimo tempo ho dato una soluzione al cliente, altrimenti procedo in modo classico con una valutazione approfondita del contesto e delle alternative tecnologiche.

Un’ultima nota, spesso da consulente ho usato la risposta “dipende” per prendere tempo su temi che non padroneggiavo. Vorrei ripromettermi di evitarla in futuro. Ci provo.

25 giugno 2008 at 15:29 PM Lascia un commento


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